All legislative Powers herein granted shall be vested in a Congress of the United States, which shall consist of a Senate and House of Representatives.” (U.S. Const. art. I, § 1.).

Le cose sono tuttavia più complicato di quanto appaia. Sebbene la Costituzione stabilisca inequivocabilmente la celebre separazione dei poteri (legislative, executive e judicial), da quando sono nate le agenzie la questione si è consistentemente complicata.

È importante fare un passo indietro e ricordare quale sia l’ordine delle autorità statutarie (le leggi) negli Stati Uniti. Innanzitutto, data la sua natura federale, sono divise in due categorie primarie, quelle federali e quelle statali e, per i nostri scopi, ci limiteremo ad analizzare solamente quelle federali; tuttavia, può dimostrarsi utile ricordare come qualunque fonte di diritto statutario federale abbia un valore maggior di quella statale.

Inoltre, tra quelle federali va operata un’ulteriore divisione. La Costituzione Federale è il testo di maggiore importanza, con il quale nessuna legge o regolamentazione può entrare in conflitto. Esistono poi la legge federale (U.S. Code) votata dal Congresso ed infine, la fonte statutaria di minor rilievo sono le regulations, che vengono stabilite dalle agenzie. Essendo le agenzie sotto l’autorità del Presidente e facendo dunque parte del ramo esecutivo, la loro attività si deve limitare all’applicazione ed all’implementazione di quanto stabilito dal Congresso traendone l’autorità dalla legge “regolare”, gli U.S. Code.

Nel corso degli anni il Congresso ha spesso conferito alle agenzie il potere di regolamentare autonomamente, sotto certe specifiche condizioni, delle specifiche attività, attraverso le “regulations”. Tali regolamentazioni, che vengono catalogate nel Code of Federal Regulation (CFR), valgono a tutti gli effetti come una legge. Tuttavia, nel concedere alle agenzie l’autorità di regolamentare delle attività o delle aree ricadenti sotto la propria sfera di competenza, il Congresso ha spesso utilizzato un linguaggio vago e generico, senza dettagliare quale fossero i limiti oltre i quali le regolamentazioni diventino dei veri e propri atti legislativi.

Presto le corti furono chiamate a decidere quale fossero i limiti ed in particolare la Corte Suprema stabilì un insieme di test e procedure utili a determinare quali possano essere ragionevolmente i limiti dell’azione delle agenzie.

Chevron

Nel 1984, la Burger’s Court, si interessò di un caso relativo la definizione data dell’EPA, l’Environmental Protection Acgency, di “source” ai sensi del Clean Air Act del 1963, Chevron U.S.A., Inc. v. Natural Resources Defense Council, Inc., 468 U.S. 837 (1984). Tale definizione era centrale per determinare in quali condizioni una nuova struttura industriale, che producesse dell’inquinamento, dovesse attenersi ad  una scrupolosa analisi della struttura. Tuttavia, questo caso entrò nei libri di testo e modificò significativamente la legge amministrativa per la “Chevron deference”.

Il caso riguardava l’effettiva autorità dell’EPA di modificare tale definizione. I Petitioner, tra cui Chevron U.S.A., sostennero che secondo il Clean Air Act, il Congresso non aveva concesso tale potere all’EPA; la quale al contrario, fornendo la propria interpretazione della legge, sosteneva fosse ragionevole credere che il Congresso avesse l’intenzione di permettere all’agenzia di compiere tali azioni. La Corte decise a favore dell’EPA, stabilendo quella che nelle successive sentenze verrà definita la Chevron deference.

La sentenza, scritta da l’Associate Justice Stevens, stabilì un test preponderante nell’analisi della legge amministrativa. La prima cosa che deve fare la Corte è considerare “whether Congress has directly spoken to the precise question at issue. If the intent of Congress is clear, that is the end of the matter.” Chevron U.S.A. v. NRDC, 467 U.S. 837 (1984). Nei casi in cui il Congresso non ha espressamente specificato quale sia l’autorità dell’agenzia, “the court does not simply impose its own construction on the statute” Id. at 837, ma invece, “the question for the court is whether the agency’s answer is based on a permissible construction of the statute.” Id. at 842-843.

In sostanza, la Corte si deve limitare a considerare se l’interpretazione fornita dall’agenzia sia ragionevole e non in conflitto con la legge. In questo modo la Corte non può imporre la sua interpretazione, ma concede all’agenzia un potere molto ampio nel definire quale sia ragionevolmente la sua autorità. La Corte si era ispirata a Skidmore v. Swift & Co., 323 U.S. 134 (1944) un caso del 1944 in cui una Corte Suprema unanime aveva stabilito un case-by-case test per le agenzie. La Corte doveva sempre avere deference per l’interpretazione fornita dall’agenzia; tuttavia, il test era basato su quattro aspetti:

“The weight [accorded to an administrative] judgment in a particular case will depend upon the thoroughness evident in its consideration, the validity of its reasoning, its consistency with earlier and later pronouncements, and all those factors which give it power to persuade, if lacking power to control.”

— Skidmore v. Swift & Co., 323 U. S., at 140. (Enfasi aggiunta).

Il test di Chevron, definito “two-step test”, è stata una versione semplificata del test di Skidmore, poichè non prevedeva un’analisi riguardo la “persuasivenessdi quanto sostenuto dall’agenzia, ma si limitava a ritenere come corretta qualunque interpretazione fornita, a condizione che fosse ragionevolmente compatibile con la legge.

Williamson, Mead Corp. e la major question doctrine

Negli anni venne spesso analizzata la natura del potere amministrativo e nel 2000 e 2001 in particolare, la Corte decise di riconsiderare le caratteristiche del Chevron test in due casi separati, FDA v. Brown & Williamson Tobacco Corp., 529 U. S. 120, (2000) e United States v. Mead Corp., 533 U.S. 218 (2001), limitando parzialmente la sua applicazione, riaffermando lo Skidmore test come complementare a quello Chevron e interessandosi maggiormente ai limiti imposti alle interpretazioni degli atti del Congresso, focalizzandosi su cosa il Congresso poteva ragionevolmente intendere.

In Brown & Williamson, un caso relativo l’interpretazione del Food, Drug and Cosmetic Act e se il Congresso avesse concesso all’FDA l’autorità di regolamentare il tabacco, definendolo “drugs” o “devices”, l’Associate Justice O’Connor con il Chief Justice Rehnquist e gli Associate Justice Scalia, Kennedy, Thomas, partì dal principio che il “meaning—or ambiguity—of certain words or phrases may only become evident when placed in context.” Brown & Williamson, 529 U. S., at 132 e che quindi è “a fundamental canon of statutory construction that the words of a statute must be read in their context and with a view to their place in the overall statutory scheme.” Davis v. Michigan Dept. of Treasury, 489 U. S. 803, 809 (1989).

Venne stabilito che nei casi in qui l’interpretazione in questione concede un’autorità all’agenzia, l’analisi della Corte deve essere “shaped, at least in some measure, by the nature of the question presented” FDA v. Brown & Williamson Tobacco Corp., 529 U. S. 120, 159 (2000), se il Congresso intendeva veramente concedere tale autorità. La Corte ribadì il concetto espresso in Chevron per il quale l’approccio che la Corte deve adottare è basato “on the theory that a statute’s ambiguity constitutes an implicit delegation from Congress to the agency to fill in the statutory gaps.” FDA v. Brown & Williamson Tobacco Corp., 529 U. S. 120, 159 (2000), tuttavia la grande innovazione che la Corte introdusse è che, “In extraordinary cases, however,” in cui “the history and the breadth of the authority that [the agency] has asserted,” e con un’importante “economic and political significance”, “there may be reason to hesitate before concluding that Congress has intended such an implicit delegation.” Id., at 159–160.

Quindi, se è vero che la Corte deve attenersi alla Chevron deference e basarsi sulla teoria che il Congresso, anche attraverso delle ambiguità, delega volontariamente l’autorità alle agenzie, è altresì vero che in casi di importante “economic and political significance” Utility Air Regulatory Group v. EPA, 573 U. S. ___, ___ (2014) (slip op., at 19) (citando Brown & Williamson, 529 U. S., at 160), la Corte può avere ragione di dubitare riguardo la reale volontà del Congresso di delegare questa vasta autorità.

Allo stesso modo, in United States v. Mead Corp., 533 U.S. 218 (2001), una maggioranza di 8-1, sostenne che le “administrative implementation of a particular statutory provision qualifies for Chevron deference when it appears that Congress delegated authority to the agency generally to make rules carrying the force of law, and that the agency interpretation claiming deference was promulgated in the exercise of that authority.” Id. Nello stesso caso l’opinione della maggioranza, scritta da l’Associate Justice Souter, riaffermò il persuasiveness test di Skidmore, in particolare nei casi in cui le regolamentazioni delle agenzie non hanno forza di legge.

Con Brown & Williamson, senza citarla, era nata la major question doctrine. Questa dottrina sostiene che, indipendentemente da Chevron, nei casi in cui viene presentata un caso di “economic and political significance” supra, il Congresso deve espressamente autorizzare l’agenzia a diramare tali regolamentazioni. Infatti, la Corte “expect Congress to speak clearly when authorizing an agency to exercise powers of vast economic and political significance.” Alabama Assn. of Realtors v. Department of Health and Human Servs., 594 U. S. ___, ___ (2021) (per curiam) (slip op., at 6) (internal quotation marks omitted).

Tuttavia, negli anni e attraverso successivi casi, la Corte ha conseguentemente sottolineato l’importanza di questo principio. In questo term, due casi sono stati significativi nella trattazione della major question doctrine e del potere delle agenzie, National Federation of Independent Business v. Department of Labor, Occupational Safety and Health Administration, 595 U.S. ___ (2022) e West Virginia v. Environmental Protection Agency, 597 U.S. ___ (2022).

Nel primo la Corte ha considerato la reale autorità dell’Occupational Safety and Health Administration di imporre un obbligo vaccinale generalizzato. Attraverso un’analisi della sua autorità la per curiam opinion ha concluso che “The Act empowers the Secretary to set workplace safety standards, not broad public health measures” National Federation of Independent Business v. Department of Labor, Occupational Safety and Health Administration, 595 U.S. ___ (2022) (per curiam) (slip op., at 6), in quanto:

“Although COVID-19 is a risk that occurs in many workplaces, it is not an occupational hazard in most. COVID–19 can and does spread at home, in schools, during sporting events, and everywhere else that people gather. That kind of universal risk is no different from the day-to-day dangers that all face from crime, air pollution, or any number of communicable diseases. Permitting OSHA to regulate the hazards of daily life—simply because most Americans have jobs and face those same risks while on the clock—would significantly expand OSHA’s regulatory authority without clear congressional authorization.”

— National Federation of Independent Business v. Department of Labor, Occupational Safety and Health Administration, 595 U.S. ___ (2022) (per curiam) (slip op., at 6-7).

Tuttavia, il caso più significativo resta sicuramente West Virginia v. Environmental Protection Agency, 597 U.S. ___ (2022), in cui la Corte ha per la prima volte esplicitamente citato la major question doctrine. La majority opinion del Chief Justice Roberts ricorda come la Corte “presume that “Congress intends to make major policy decisions itself, not leave those decisions to agencies.” West Virginia v. Environmental Protection Agency, 597 U.S. ___ (2022) (opinion of the Court) (slip op., at 19) (citando United States Telecom Assn. v. FCC, 855 F. 3d 381, 419 (CADC 2017) (Kavanaugh, J., dissenting from denial of re-hearing en banc)) e come “[la Corte] typically greet assertions of extravagant statutory power over the national economy with skepticism.” Id. (slip op., at 19) (citando Utility Air, 573 U. S., at 324.).

Inoltre, è prassi sostenere che “grants of regulatory authority are rarely accomplished through modest words, vague terms, or subtle device[s].” Id. (slip op., at 18) (citando Whitman, 531 U. S., at 468). La maggioranza ha quindi ricordato come questo sia un principio di applicazione statutaria che affonda le sue radici in diversi casi e che “Scholars and jurists have recognized the common threads between those decisions.” Id. (slip op., at 20).

In definitiva negli ultimi vent’anni si è progressivamente affermata questa dottrina che è destinata a rivoluzionare il diritto amministrativo, permettendo di impedire le usurpazioni di potere da parte delle agenzie. Quest’aspetto, che può sembrare un tecnicismo, ha al contrario delle ricadute estremamente importanti ed una corretta applicazione della major question doctrine permetterebbe di ridare al Congresso il pieno potere legislativo e di assicurarsi che le deleghe di potere che opera siano esplicite e siano la reale e corretta espressione della volontà dei rappresentanti del popolo.